Sardegna in arancione, rinviata la mobilitazione del 26 marzo

Sardegna in arancione, rinviata la mobilitazione del 26 marzo

La manifestazione regionale Cgil Cisl e Uil prevista per il 26 marzo è solo rinviata. Il passaggio della Sardegna in zona arancione impone responsabilità e prudenza. Ma le ragioni della protesta unitaria contro l’inadeguatezza della Giunta regionale sono tutte confermate, e non si esclude nemmeno il ricorso allo sciopero generale. Lo hanno spiegato stamattina, nel corso di una conferenza stampa, i segretari regionali Michele Carrus, Gavino Carta e Francesca Ticca.

I sindacati chiedono da tempo un confronto alla Giunta e al suo Presidente che, invece, continuano ad agire in modo autoreferenziale, imponendo decisioni senza alcuna condivisione. Il risultato è una sostanziale mediocrità degli interventi in campo, unita alla debolezza sulla programmazione delle ingenti risorse disponibili. Perciò è indispensabile una revisione di metodo e contenuti dellazione di governo, che non può prescindere dal dialogo con le parti sociali.

Questi i temi e le politiche sui quali Cgil, Cisl e Uil rivendicano di confrontarsi:

• Misure di sostegno per il mondo del lavoro, a iniziare dagli esclusi. Urge un Piano di politiche attive che rafforzi e implementi quanto fatto finora, a partire da Lavoras e dalle altre misure rivelatesi insufficienti, in particolare per le donne, i giovani e i segmenti deboli del mercato del lavoro.

• Piano regionale di utilizzo delle risorse del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), integrato con i programmi dei Fondi strutturali europei e dello Stato. Serve una Programmazione economica e finanziaria integrata e coerente con gli obiettivi più avanzati di crescita sostenibile e inclusiva, nella prospettiva della transizione ecologica e digitale.

• Un programma specifico e pluriennale di interventi di coesione e inclusione sociale, contro le povertà, che guardi ai soggetti e ai territori più deboli, promuovendo servizi di qualità, accanto alle necessarie prestazioni monetarie, a favore delle fasce più deboli e delle persone fragili e disagiate.

• Investimenti consistenti sul Servizio sanitario, sul personale, sui servizi ospedalieri e della medicina territoriale, ad iniziare da una valido piano di vaccinazione e dalle misure per superare l’emergenza e tornare alla normalità, abbattendo le liste d’attesa per tutte le prestazioni sanitarie e socio-sanitarie, ottimizzando i servizi territoriali di medicina e di integrazione sociale e garantendo i Lea.

• Interventi per gli anziani e nelle aree della disabilità e non autosufficienza, soprattutto nei servizi territoriali e familiari e rafforzando anche le professionalità dedicate.

• Misure su Formazione e Istruzione, a partire dal rilancio in sicurezza di tutti i servizi scolastici, in particolare nelle scuole superiori e nelle università, e con riguardo alle attività ausiliarie.

• Potenziamento dei Trasporti interni e della continuità territoriale, aerea e marittima, e un piano delle opere pubbliche, per le reti e i nodi di traffico, per le TIC e per tutte le infrastrutture civili.

• Politiche industriali ed energetiche di difesa e rilancio dei presidi esistenti e orientate all’innovazione, alla transizione ecologica e digitale, per la rinascita della Sardegna e delle sue zone interne, attraverso l’attrazione d’investimenti e la valorizzazione delle risorse locali.

• Rilancio della ricerca scientifica di base e applicata, in rapporto alle università e ai centri di ricerca pubblici e privati, per promuovere l’ammodernamento tecnologico e l’innovazione produttiva nelle imprese e nei sistemi locali.

• Politiche di governo del territorio rispettose del paesaggio e dei suoi beni culturali, per promuovere una visione moderna di rilancio delle costruzioni e della qualità urbana e del turismo esperienziale.

• Riforme partecipate, non spartitorie, per l’efficienza amministrativa e l’efficacia dei servizi pubblici.

• Un progetto di riequilibrio territoriale (aree interne, coste, aree urbane e campagne, città e comuni minori) all’interno di una nuova programmazione dello sviluppo che riconosca e valorizzi le specializzazioni produttive e l’integrazione economica e sociale.