Fase 2 e ripresa economica, le proposte della Cgil in un Piano fondato su innovazione e formazione

Fase 2 e ripresa economica, le proposte della Cgil in un Piano fondato su innovazione e formazione

Innovazione, formazione e modernizzazione sono le parole chiave del Piano della Cgil regionale per la ripresa economica, calibrato sulla crisi attuale ma orientato già a definire gli obiettivi di medio-lungo periodo. “Si tratta di un’idea di sviluppo possibile e sostenibile dei settori produttivi ed è necessaria – ha detto il segretario generale della Cgil Michele Carrus –  perché alla programmazione regionale manca ormai da tempo una visione settoriale che deve invece riconquistare la rilevanza che merita dentro il Piano strategico di programmazione per il futuro”.

Il Piano – un documento articolato in 22 pagine e 12 capitoli a disposizione del tavolo di Agenda Industria – è il contributo che la Cgil offre a tutte le forze politiche e sociali, anche in riferimento al recente accordo con il presidente della Regione di confrontarsi sulle misure per affrontare la crisi e la ripresa. “Ciò che decidiamo oggi, gli interventi e le risorse che investiamo nella fase emergenziale – sottolinea Carrus – devono anche essere sostanziati da un progetto per il futuro, perciò la proposta guarda alla fase 2 ma anche alla prospettiva”. Un doppio binario, quindi, di misure straordinarie di difesa per imprese e famiglie combinate a interventi sulla riqualificazione e innovazione di processo e di prodotto. Con una considerazione: “Indebitarci per elargire pochi fondi a perdere non ci pare una buona idea. Il nuovo debito può sorreggere investimenti, ma bisogna prima fare buon uso delle risorse esistenti”.

Secondo la Cgil queste in parte ci sarebbero già, altre vanno rivendicate nel confronto Stato-Regione. Intanto, oltre alla manovra di bilancio della Regione, ci sono circa 250 milioni di fondi europei residui e ci saranno quelli per il settennio 2021-27; poi circa 350 milioni di euro ancora mutuabili del Piano regionale infrastrutture e le quote del Fondo sviluppo e coesione; mentre vanno richiesti al Governo le risorse per la spesa sanitaria aggiuntiva, l’anticipo di qualche annualità del recente accordo sulle entrate e l’allentamento dei vincoli di bilancio per Regione ed Enti locali.

Le idee, invece, dove sono? “Occorre chiarirsi sulle scelte di fondo, su quale modello di sviluppo vorremmo – ha detto il segretario Cgil – noi in questo Piano forniamo le nostre proposte, crediamo che interventi e risorse debbano essere finalizzate, in modo selettivo, a settori e obiettivi precisi”.

Il punto è dove e come investire. Secondo la Cgil i settori da valorizzare sono quelli innovativi a più alto contenuto scientifico e tecnologico nelle produzioni e nei modi per farle, e il modello di riferimento è l’economia circolare: vale per l’agricoltura, la chimica verde, il riciclo dei materiali, le biotecnologie applicate alla medicina e farmaceutica, la cantieristica e l’aerospazio, il turismo esperienziale. L’obiettivo è la sostenibilità economica e ambientale, perciò l’innovazione è la chiave per rilanciare anche le produzioni già esistenti, verticalizzandone i cicli. È questa la via per creare lavoro buono e qualificato: il nostro sistema produttivo non può più fondarsi sulla sottrazione di materie prime che vengono valorizzate altrove e poi reintrodotte come prodotti finiti per il consumo locale. Per farlo servono infrastrutture materiali: trasporti, energia, a partire dal piano di metanizzazione, opere pubbliche, da realizzare con procedure snelle come ci ha insegnato la vicenda del ponte Morandi; e reti immateriali: investire su ricerca, istruzione e formazione professionale, perché il 60 per cento dei lavoratori oggi non possiede adeguate competenze tecnologiche e presto il 20 per cento dei mestieri sarà obsoleto. E serve una riforma della Regione e delle Autonomie locali, per sburocratizzare e snellire le procedure e trasferire competenze e risorse agli enti nel territorio.

E’ necessario riequilibrare il rapporto città-territorio, valorizzare la capacità progettuale dei sistemi locali per restituire centralità alle aree interne, puntando sul traino manifatturiero per espandere il valore dell’agricoltura, sui distretti industriali e sul patrimonio storico, culturale e ambientale. Perciò non si può puntare ancora sul consumo di suolo e sarebbe invece utile una legge di governo del territorio che assicuri sviluppo equilibrato e diffuso e tutela del paesaggio.

Gli effetti della crisi rischiano di essere devastanti per il mondo del lavoro. Oltre a sostegni e indennizzi – che vanno però erogati e non solo promessi – una risposta concreta può arrivare dal piano Lavoras: interventi a regia regionale di riqualificazione ambientale e sulla manutenzione straordinaria degli edifici pubblici, a partire immediatamente dalle scuole, perché a settembre bisogna trovarsi pronti ripensando gli spazi e riutilizzando i plessi chiusi, da riadattare.  “Scegliere la strada dell’innovazione significa dare priorità – ha concluso il segretario Cgil – a un investimento duraturo e strutturale nel campo della conoscenza e della formazione, dove registriamo purtroppo indicatori molto negativi”.