No alla chiusura delle scuole, la Regione impugni la norma nazionale

No alla chiusura delle scuole, la Regione impugni la norma nazionale

La Regione impugni la norma nazionale sul dimensionamento scolastico che prevede l’accorpamento e la chiusura delle scuole con meno di 900 studenti e, di conseguenza, la possibile riduzione di 40 autonomie scolastiche in Sardegna”: la richiesta arriva da Flc Cgil regionale, Uil Scuola Rua, Snals Confsal e Gilda Unams che, in vista della Conferenza Stato Regioni in programma entro il 31 maggio, sollecitano la Regione a esprimere il proprio dissenso facendo fronte comune anche con le altre Regioni del Sud.

I nuovi parametri sono stati introdotti a dicembre scorso dalla Legge di bilancio 2023 e, a fronte delle gravi ripercussioni che comporteranno per gli studenti, per le famiglie, per il personale e per tutto il sistema scolastico, non c’è ancora stato un atto formale della Regione: “Prendiamo atto che solo ora, finalmente, l’assessore all’Istruzione regionale si è reso conto delle gravi ripercussioni che quei parametri avranno sulla nostra isola”, hanno detto i segretari regionali Emanuela Valurta (Flc Cgil), Giuseppe Corrias (Uil Scuola Rua), Simone Mereu (Snals Confsal), Gianfranco Meloni (Gilda Unams) sottolineando che “una lettera tardiva al ministro dell’Istruzione e del Merito e una dichiarazione stampa sono assolutamente insufficienti”. Le categorie ritengono che l’assessore e la Regione possano e debbano adottare al più presto atti formali contro il dimensionamento, chiedendo alla Consulta di dichiarare incostituzionale la norma statale che costringerebbe all’accorpamento di tanti istituti scolastici sul territorio.

Siano davanti a un dramma per le famiglie che vivono nelle aree interne e in quei contesti sociali ad alto rischio di dispersione scolastica e povertà educativa”, hanno spiegato i segretari. Perciò è indispensabile intervenire urgentemente: “Occorre una legge regionale che riveda i parametri del dimensionamento scolastico e sono necessarie politiche di rilancio del sistema di istruzione sardo, partendo dal tempo scuola e dall’obbligo scolastico, ma sono anche urgenti azioni politiche di tutela delle famiglie per contrastare il calo demografico e lo spopolamento”.

Le categorie ricordano anche che “meno giovani che vanno a scuola significa scuole meno affollate e classi meno numerose, invece in tutti questi anni abbiamo assistito ai numerosi danni creati dai molteplici atti di dimensionamento scolastico: a farne le spese è stata la buona organizzazione dell’intera istituzione scolastica e dunque la stessa qualità della didattica e degli apprendimenti degli studenti”.

Il processo di dimensionamento ha perseguito un’unica logica, quella del risparmio piuttosto che dell’efficienza del sistema: “Per la nostra regione, che ha livelli elevati di abbandono scolastico – concludono Emanuela Valurta, Giuseppe Corrias, Simone Mereu e Gianfranco Meloni – è un problema ancora più pressante che in altre aree del Paese e a questo si aggiunge il tema drammatico della denatalità e della migrazione giovanile che, soprattutto nelle aree interne, rischiano di accentuarsi proprio a causa della riduzione dei servizi scolastici”. Per tutte queste ragioni i sindacati chiedono con forza un cambio di rotta nelle politiche regionali dell’Istruzione.